domenica 6 giugno 2010

La prima guerra del football

La descrizione del mondo aveva senso solo quando gli uomini vivevano in un globo piccolo come ai tempi di Marco Polo.
Oggi il mondo è grande, è infinito, si accresce continuamente e sarà certo più facile per un cammello passare per la cruna di un ago che per noi conoscere, sentire e comprendere tutto quel che compone l'esistenza di quasi dieci miliardi di persone.
Si conclude così La prima guerra del football - e altre guerre di poveri di Ryszard Kapuscinski, edito da Feltrinelli.
Kapuscinski è stato un grande, senza ombra di dubbio, e la sua grandezza la si coglie forse ancora di più in un libro apparentemente minore come questo, un libro che raccoglie brevi racconti distribuiti su un arco di tempo che va dal 1960 al 1976, che narra di Africa e di Sud America e che riporta alla memoria fatti lontani legati alla progressiva e cruenta scomparsa del colonialismo, densa di durezza e crudeltà inaudite.
Se avete dei figli che tutto quello che sanno del Sudafrica è che tra pochissimo ospiterà i campionati mondiali di calcio, basteranno le venti pagine scarse di Faremo sguazzare i nostri cavalli nel sangue per far loro comprendere fino in fondo cosa è stata l'apartheid.
Ma a Kapuscinski ne bastano ancora meno di parole: le due pagine e mezza di Victoriano Gomez davanti alle telecamere ci fanno capire la storia del Salvador attraverso il racconto della fucilazione in diretta televisiva di un partigiano combattente contro i grandi latifondisti.

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